Non chiamateli più GLH. Le parole sono importanti!

La riforma del sistema di riconoscimento della disabilità e dei significati ad esso correlati (dgls. 66/2017 e 96/2019) porta cambiamenti che sono sia di ordine semantico, metodologico ma anche legale. Il decreto inclusione recepisce il linguaggio ICF e quindi il modello BIOPSICOSOCIALE riconoscendo a livello giuridico l’espressione “persona con disabilità”.
Per Vygotskij pensiero e linguaggio sono in relazione dinamica; il linguaggio è lo strumento psicologico più importante perché media tra la persona e l’ambiente. Il come parliamo, il come ci parliamo traccia il cervello, influisce sul pensiero e determina l’azione. L’attribuzione di significato è il risultato del processo percettivo che per definizione è soggettivo e autoreferenziale, nonché fortemente dipendente dal contesto ambientale, culturale e sociale dell’esperienza vissuta. Cosa accadrebbe se due insegnanti si incontrassero perché devono fare un progetto educativo avendo una parola diversa e quindi un' idea diversa di un alunno… ci incontriamo per parlare dell’alunno H Mario, dell'alunno autistico Mario, l’alunno diversamente abile Mario o semplicemente Mario. Se cambiamo il modo di chiamare qualcosa, quel qualcosa cambia e quindi cambierà anche il modo attraverso il quale le persone si rapportano ad esso, facendo apparire scenari e percezioni soggettive e conseguentemente atmosfere emotive. La parola H viene completamente abolita in ambito educativo e sostituito con altri termini meno etichettanti: GLO “gruppo di lavoro operativo” (ex GLH) , GLI “gruppo di lavoro per l’inclusione” (ex GLHI) ma soprattutto DVA (diversamente abile) o alunno H (alunno handicappato) con "PERSONA" con disabilità.